L’8 e 9 giugno si voterà su cinque quesiti referendari. I primi quattro, promossi dalla CGIL insieme ad altre associazioni, affrontano temi centrali per la difesa dei lavoratori: il ritorno al reintegro nei licenziamenti illegittimi, la fine dell’obbligo di sottoscrivere clausole penalizzanti nei contratti a termine, la limitazione dell’uso distorto dei voucher, il contrasto alla precarietà.
Come sindacato FISI, non giudichiamo questi quesiti dal nome di chi li propone, ma dal merito. Sarebbe miope – e soprattutto dannoso per i lavoratori – rifiutare battaglie giuste solo perché portate avanti da chi ha contribuito in passato allo smantellamento delle tutele. La CGIL ha infatti gravi responsabilità storiche per aver sostenuto, direttamente o indirettamente, molte delle riforme che hanno precarizzato il lavoro. Se oggi cambia posizione, chiediamo coerenza e fatti. Ma soprattutto, chiediamo che sia il popolo a decidere, non le segreterie.
Diverso è il quinto referendum, che nulla ha a che vedere con i diritti del lavoro. Promosso da +Europa e da partiti della sinistra, propone di ridurre da 10 a 5 anni il requisito di residenza per il riconoscimento della cittadinanza italiana. Una proposta divisiva, che tocca temi identitari e meriterebbe un confronto politico serio e autonomo. L’inserimento di questo quesito assieme agli altri quattro rischia di generare confusione, disaffezione e soprattutto astensione.
GRAZIE.
Avete espresso perfettamente quello che è il mio pensiero.
Purtroppo sul Carlino di oggi al bar (giornale che non leggo ne tantomeno compro) il voto referendario è diviso tra promotori partiti di sinistra (?) e contro = partiti di destra; quindi non mi pare che vengano messi in risalto i diritti dei lavoratori ma la solita contrapposizione faziosa ds vs sn che se ne frega dei suddetti altrimenti non si sarebbe giunti a questo punto con la complicità dei lavoratori stessi. Il raggiungimento del quorum è solo funzionale per il rimborso elettorale e per contare chi ancora crede in questi sindati che si sono venduti l’anima al padrone. Sul quesito della cittadinanza poi non ne parliamo, lavorando in comune le vedo le cittadinanze elargite a piene mani a gente che non parla e non sa l’italiano figuriamoci se ha a cuore i valori dell’Italia. Addirittura ci sono casi con complici avvocati italiani di anziani stranieri che hanno ottenuto la cittadinza per avere la pensione. Io la porterei a 15 anni !!!