L’AGI pensa come un umano?

da | Mag 7, 2025 | Attualità | 0 commenti

Care amiche e amici, mi sono imbattuto in queste disquisizioni sull’Intelligenza Artificiale Generale (AGI), quella roba che, in teoria, dovrebbe pensare come noi. Anzi, pure meglio.

Si dice che l’AGI, a differenza dell’AI attuale (quella “ristretta” che sa fare solo una cosa alla volta, tipo batterti a scacchi o riconoscere i gatti nelle foto), sarà capace di imparare, capire e applicare conoscenze a tappeto, indistinguibile dal cervello umano. Certo, al momento è più che altro fuffa teorica, ma c’è chi ci sguazza e prevede rivoluzioni epocali in settori come la sanità, l’istruzione e i trasporti. Macchine che capiscono al volo prevedono il futuro (magari anche i numeri del lotto, chi lo sa) e tirano fuori soluzioni innovative. Mica pizza e fichi.

Pare che le caratteristiche distintive dell’AGI dovrebbero includere capacità di apprendimento da far impallidire lo studente più secchione, abilità di risolvere problemi che manco MacGyver, una flessibilità mentale invidiabile e una comprensione del linguaggio naturale e delle sfumature emotive degna del miglior psicologo. Il tutto senza il bisogno della terza tazza di caffè.

Ovviamente, ‘sta roba non è facile da tirar fuori dal cilindro. Le sfide tecniche sono notevoli: definire l’architettura giusta, creare reti neurali specializzate che non si friggano al primo pensiero complesso, affinare l’elaborazione del linguaggio naturale fino a fargli capire i discorsi di mia nonna, e implementare sistemi di apprendimento per rinforzo che non trasformino l’AGI in un adolescente ribelle.

Ma la domanda da un milione di dollari è: può l’AGI pensare veramente come un umano? Qui casca l’asino, o meglio, si inciampa sulla questione della coscienza, dell’intelligenza emotiva e della creatività. Ammettiamolo, replicare la capacità umana di avere un’idea geniale sotto la doccia o di commuoversi per un film strappalacrime è un tantino più complicato che fargli riconoscere un segnale stradale.

Nonostante le paturnie tecniche e filosofiche, i supposti benefici dell’AGI spaziano in lungo e in largo: dalla scoperta di nuove cure mediche a sistemi educativi personalizzati, dall’ottimizzazione economica alla risoluzione di problemi ambientali. Insomma, il classico jolly che risolve tutti i mali del mondo.

Però, c’è un però. L’ascesa dell’AGI porta con sé un bel carico di questioni etiche e sociali che fanno tremare i polsi. Sicurezza, privacy (addio a quel poco che ci è rimasto), pregiudizi (perché se l’AI impara da noi, c’è il rischio che impari anche il peggio), e l’impatto sull’occupazione (con buona pace dei disoccupati). Serve urgentemente una governance e delle normative che inquadrino ‘sta faccenda, prima che ci si ritrovi con macchine super-intelligenti ma eticamente discutibili.

Qualcuno butta lì la blockchain come soluzione per garantire fiducia e correttezza nei sistemi AGI. L’idea sarebbe quella di avere registri trasparenti sull’addestramento dell’AI, permettere decisioni condivise, garantire una condivisione sicura dei dati e incentivare lo sviluppo etico. Una specie di notaio digitale per l’intelligenza artificiale.

Insomma, la morale della favola è che, mentre inseguiamo il miraggio dell’AGI che pensa come noi (o meglio), dobbiamo stare attenti a non creare un mostro. L’integrazione di questa tecnologia nella società richiede un approccio equilibrato, che miri a migliorare il benessere umano e rispetti gli standard etici. E magari, già che ci siamo, che non ci freghi pure il posto di lavoro.

 

Carlo Makhloufi Donelli Nato a Villerupt (F) il 12.02.1956 – Studioso e Ricercatore in fisica quantistica applicata a biologia molecolare e neuroimmunologia – Membro del board di ricerca scientifica di diverse organizzazioni nazionali ed internazionali – Ideatore e Coordinatore del progetto EDIPO «Eliminazione isole di plastica oceaniche» 

 

Fonti che ho consultato e che confermano (più o meno) il tutto:

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