Cari lettori,
Dimenticatevi per un attimo il Parmigiano Reggiano, le Ferrari o l’alta moda. Sembra che la vecchia Europa, nella sua infinita saggezza burocratica, abbia trovato un nuovo prodotto di punta da esportare nel mondo: la censura. O, come piace chiamarla ai nostri funzionari a Bruxelles per non urtare la sensibilità di nessuno, la “regolamentazione dei servizi digitali”.
Ho analizzato con cura la situazione attuale e, lasciatemelo dire, c’è del genio perverso in tutto questo. Il fulcro della questione è il Digital Services Act (DSA), entrato pienamente in vigore quest’anno. Sulla carta, ci dicono che serve a proteggerci dai contenuti illegali. Nella pratica? È diventato uno strumento talmente potente che persino il Congresso degli Stati Uniti ha iniziato a preoccuparsi che le leggi europee stiano calpestando il Primo Emendamento americano.
Vi ricordate l’agosto scorso? L’ex Commissario europeo Thierry Breton – in un impeto di zelo che definirei quasi “napoleonico” – ha inviato una lettera di avvertimento a Elon Musk poche ore prima della sua intervista con Donald Trump. Il messaggio, nemmeno troppo velato, era: “Stai attento a ciò che trasmetti, o ci saranno conseguenze”. Non parlavamo di terrorismo o crimini violenti, ma di un dibattito politico. Se questa non è ingerenza, ditemi voi cos’è.
Il meccanismo è sottile: invece di bannare direttamente le opinioni sgradite (cosa che farebbe troppo “regime”), l’UE minaccia multe fino al 6% del fatturato globale delle piattaforme. Risultato? Le aziende, per paura, “puliranno” i contenuti preventivamente, applicando gli standard restrittivi europei a livello globale. È il cosiddetto “Brussels Effect”: noi scriviamo le regole, e il resto del mondo, volente o nolente, si adegua per quieto vivere.
Quello che era nato come un “Codice di buone pratiche” volontario sulla disinformazione si è trasformato in un obbligo di legge. E chi decide cosa è “disinformazione”? Ah, saperlo. Spesso, guarda caso, coincide con tutto ciò che va contro la narrazione ufficiale approvata dai palazzi di vetro.
Siamo di fronte a una macchina burocratica che, con il pretesto della nostra “sicurezza”, sta silenziosamente appaltando la verità a comitati di “segnalatori fidati” e algoritmi tarati per non dispiacere ai piani alti.
Dormite sonni tranquilli, dunque. Il Grande Fratello non vi guarda con cattiveria; vi guarda con la premura di un funzionario dell’Unione Europea che sa cosa è meglio per voi.
Fonti Verificate e Approfondimenti
Per chi volesse verificare come la nostra libertà venga “tutelata”, ecco i riferimenti ufficiali e giornalistici che confermano quanto esposto:
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Sulla lettera di Thierry Breton a Elon Musk e le minacce di sanzioni: La lettera ufficiale inviata dalla Commissione UE ad agosto 2024, che avvertiva X riguardo ai contenuti “dannosi” prima dell’intervista a Trump. Fonte: https://www.eunews.it/en/2024/08/13/breton-musk-clash-in-backdrop-of-fake-news-filled-confrontation-between-head-of-x-and-trump/
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Sul “Brussels Effect” e l’impatto globale del DSA sulla libertà di parola: Il report del Comitato Giudiziario della Camera USA che accusa il DSA di agire come una “censura estera” che influenza anche gli utenti americani. Fonte: https://judiciary.house.gov/sites/evo-subsites/republicans-judiciary.house.gov/files/2025-07/DSA_Report%26Appendix%2807.25.25%29.pdf
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Sul funzionamento del Digital Services Act (DSA) e le multe: La spiegazione ufficiale della Commissione Europea su come le “piattaforme online molto grandi” (VLOPs) devono mitigare i rischi sistemici (inclusa la disinformazione) pena sanzioni massicce. Fonte: https://digital-strategy.ec.europa.eu/en/policies/digital-services-act-package
Carlo Makhloufi Donelli
Nato a Villerupt (F) il 12.02.1956 – Studioso e Ricercatore in fisica quantistica applicata a biologia molecolare e neuroimmunologia – Membro del board di ricerca scientifica di diverse organizzazioni nazionali ed internazionali – Ideatore e Coordinatore del progetto EDIPO «Eliminazione isole di plastica oceaniche»














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