Con l’entrata in vigore del nuovo sistema di valutazione della performance, viene calpestata la dignità, il valore e la professionalità di ogni lavoratore.
Sta diventando operativo, proprio in questi giorni, il famigerato regolamento sulla valutazione della performance: un meccanismo tanto discutibile quanto pericoloso, sottoscritto nel giugno 2023 da CGIL, CISL, UIL e NURSIND, insieme ai loro rappresentanti nelle RSU.
L’unica voce fuori dal coro, coerente e contraria, è stata quella della FISI e delle realtà del sindacalismo di base, che da subito hanno denunciato i rischi di questa deriva autoritaria.
Ci troviamo di fronte a quello che, con amara ironia, potremmo definire un capolavoro di gestione delle risorse umane: un sistema che invece di tutelare e valorizzare il lavoro, umilia e sottomette i lavoratori, trasformando la valutazione in uno strumento di controllo, ricatto e obbedienza cieca.
Grazie alla remissività e complicità dei sindacati concertativi, oggi i lavoratori vengono consegnati mani e piedi alla discrezionalità dei dirigenti, che potranno decidere premi, penalizzazioni e avanzamenti senza più alcun contrappeso, dividendo il personale in fasce di merito (A, B, C, D) fino alla famigerata Fascia ZERO, una vera e propria condanna professionale.
Ci diranno che si tratta di un sistema meritocratico, “pensato per premiare l’eccellenza”. Ma la realtà è un’altra. Saranno favoriti i più remissivi:
– quelli che non alzano mai la voce,
– che rientrano nei giorni liberi,
– che rinunciano alle ferie per “esigenze di servizio”,
– che chiudono un occhio sulle carenze di sicurezza,
– che svolgono la formazione obbligatoria fuori orario,
– che si piegano a ogni flessibilità senza mai dire “no”.
Chi obbedisce in silenzio, viene premiato.
Chi rivendica i propri diritti, viene punito.
È fondamentale capire che questo sistema non è stato imposto dall’alto, ma è il frutto di un accordo consapevole firmato da chi avrebbe dovuto rappresentare i lavoratori.
E oggi, davanti all’indignazione crescente nei luoghi di lavoro, gli stessi sindacati firmatari tacciono, o provano goffamente a giustificare ciò che hanno sottoscritto.
Gli effetti sono gravi e concreti: questa valutazione inciderà sul salario accessorio, sulle progressioni economiche, sui cambi di profilo, sugli incarichi e sul futuro professionale di migliaia di lavoratori.
LA FISI DICE BASTA. ORA TOCCA A NOI.
È il momento di dire NO.
È il momento di ribellarsi a un sistema ingiusto e fazioso, costruito su criteri soggettivi, affidato a capi reparto privi di strumenti oggettivi, trasformato in una macchina di divisione e intimidazione.
Rifiutare la valutazione non è disobbedienza: è dignità.
È resistenza. È consapevolezza.
Non possiamo più tollerare che il lavoro sia ridotto a una corsa a chi si sottomette di più.
Non possiamo più permettere che chi ha firmato accordi lesivi continui a farlo senza pagarne il prezzo, protetto da distacchi e privilegi, mentre chi lavora nei reparti ne subisce le conseguenze.
Riprendiamoci il rispetto. Organizziamoci. Mobilitiamoci.
È il momento di far sentire la nostra voce.
Di rifiutare un sistema che ci divide.
Di difendere i nostri diritti e la nostra dignità.
Solo insieme possiamo riprenderci la forza collettiva del lavoro.
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