Dietro le statistiche sulla disoccupazione e la sottoccupazione giovanile si cela una realtà ben più complessa e allarmante: una generazione emergente che, priva di un solido ancoraggio nel mondo del lavoro, sta affrontando una profonda crisi della salute mentale.
Numerosi studi e rapporti recenti dipingono un quadro inquietante di giovani adulti afflitti da ansia, depressione, isolamento e una crescente disillusione sul proprio futuro, direttamente correlati alla difficoltà di trovare e mantenere un impiego stabile e significativo.
I dati provenienti da diverse economie avanzate e in via di sviluppo convergono nel mostrare tassi elevati di disoccupazione o lavori precari tra i giovani tra i 18 e i 35 anni. Ma l’assenza di un impiego non è solo una questione economica; ha un impatto psicologico e sociale profondo. Il lavoro fornisce non solo mezzi di sussistenza, ma anche identità, struttura, routine quotidiana, opportunità di interazione sociale e un senso di scopo e appartenenza alla comunità. Quando questi elementi vengono meno o sono costantemente a rischio a causa della precarietà, l’effetto sulla psiche può essere devastante.
Rapporti di organizzazioni sanitarie internazionali e studi accademici in psicologia sociale e dell’economia del lavoro evidenziano un aumento significativo di disturbi d’ansia e depressivi, attacchi di panico e persino ideazione suicidaria in fasce d’età che storicamente avrebbero dovuto essere nel pieno delle loro energie e del loro inserimento sociale.
La mancanza di prospettive chiare, la dipendenza prolungata dalla famiglia di origine, l’incapacità di raggiungere tappe tradizionali della vita adulta come l’indipendenza economica, la formazione di una famiglia o l’acquisto di una casa, generano un senso di fallimento e impotenza.
Esperti sottolineano come la cosiddetta “generazione persa” o “generazione precariato” non stia solo ritardando l’ingresso nella vita adulta, ma stia subendo cicatrici psicologiche che potrebbero avere conseguenze a lungo termine sulla loro capacità di benessere e sul tessuto sociale nel suo complesso. L’esposizione prolungata all’incertezza e allo stress economico in una fase formativa cruciale della vita può alterare le risposte allo stress, minare la fiducia in sé stessi e nelle istituzioni e portare a un ritiro dalla partecipazione civica e sociale.
Le cause di questa disconnessione tra giovani e mondo del lavoro sono molteplici e complesse: rapide trasformazioni del mercato del lavoro dovute all’automazione e alla globalizzazione, disallineamento tra le competenze richieste e quelle fornite dai sistemi educativi, politiche del lavoro inadeguate a gestire la precarietà, e shock economici come la crisi finanziaria del 2008 e la pandemia di COVID-19 che hanno colpito duramente le fasce più giovani e meno esperte della forza lavoro.
Ignorare il legame intrinseco tra mancanza di opportunità lavorative stabili e deterioramento della salute mentale giovanile significa sottovalutare una delle sfide sociali più urgenti del nostro tempo.
Non si tratta solo di un problema individuale di resilienza, ma di una questione strutturale che richiede risposte politiche mirate a creare posti di lavoro dignitosi, migliorare l’allineamento tra istruzione e mercato del lavoro, e fornire un sostegno efficace alla salute mentale accessibile a tutti i giovani.
Il futuro della nostra società dipende dalla capacità di questa generazione di realizzarsi pienamente; lasciarla ai margini significa condannare non solo loro, ma anche noi stessi, a un futuro meno prospero e più fragile.
Una delle fonti che ho consultato per redigere questo articolo:
https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC11672120/
Carlo Makhloufi Donelli
Nato a Villerupt (F) il 12.02.1956 – Studioso e Ricercatore in fisica quantistica applicata a biologia molecolare e neuroimmunologia – Membro del board di ricerca scientifica di diverse organizzazioni nazionali ed internazionali – Ideatore e Coordinatore del progetto EDIPO «Eliminazione isole di plastica oceaniche»
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