Ah, Nikola Tesla. Il genio incompreso, il visionario che dialogava con l’etere mentre noi comuni mortali armeggiavamo con i fili. Be’, sembra che il buon vecchio Nikola, oltre a darci la corrente alternata e svariati grattacapi sulla paternità di certe invenzioni, avesse anche un’idea piuttosto chiara su come si sarebbe evoluta l’arte della guerra navale. E, con mio sommo orrore, direi che ci siamo arrivati.
Parliamoci chiaro: le informazioni su questi argomenti che ho avuto il piacere di spulciare dipingono un quadro che definire “inquietante” è un eufemismo. In sintesi, si celebra, quasi con malcelato entusiasmo, il fatto che la visione di Tesla del 1898, con Il suo brevetto n.613809 del 1898 per barche telecomandate – ovvero navi da guerra controllate a distanza, capaci di trasformare i possenti corazzati in un mucchio di ferraglia galleggiante – stia diventando una realtà tangibile. Il merito? O la colpa, a seconda dei punti di vista? Beh, pare che droni marini ucraini, tipo il “Katran“, stiano facendo esattamente questo: colpire, affondare e, presumibilmente, far imprecare nel suo ufficio qualche ammiraglio aggrappato ai suoi vetusti giganti d’acciaio.
Tesla, nel 1898, aveva presentato un modellino di barca teleguidata al Madison Square Garden, e scommise un cappello a cilindro sulla fine delle guerre navali nel 1898, prevedendo flotte telecomandate “per rendere obsoleti i cannoni”. Fantascienza pura per i suoi contemporanei, abituati a cannoni enormi e a un coraggio (o incoscienza?) tutto umano sui ponti delle navi. La sua idea era quasi pacifista, nella sua genialità: se una nazione debole può permettersi armi economiche e controllabili a distanza per difendere le sue coste, la guerra navale su vasta scala diventa impraticabile, troppo rischiosa, troppo costosa. Abolire la guerra con la tecnologia? Un’idea così candida che oggi fa quasi tenerezza. Il genio serbo immaginava operatori a terra con joystick ante litteram, ma non aveva fatto i conti con Elon Musk e i satelliti Starlink.
Oggi, ovviamente, non parliamo più di semplici barchette con le antenne. Parliamo di sistemi autonomi (o semi-autonomi, non facciamo i pignoli) dotati di sensoristica avanzata, intelligenza artificiale (o quello che ne vendono per tale) e, soprattutto, la capacità di recapitare carichi esplosivi con una precisione che fa impallidire i vecchi calcoli balistici. Il Katran ucraino, soprannominato “Squalo” (perché i droni hanno diritto a nickname minacciosi), sfreccia senza umani a bordo a 130 km/h con un’autonomia di 1.450 km, praticamente da Trieste a Cipro, pronto a consegnare un pacco esplosivo alle navi russe come un rider di Glovo specializzato in fuochi d’artificio, ed è dotato di un arsenale impressionante: mitragliatrici, missili terra-aria e siluri, che gli consentono di colpire bersagli terrestri, aerei e subacquei.
E tutto questo, udite udite, senza mettere a rischio vite umane… almeno non quelle dalla parte di chi lancia il drone. Bello, no? La guerra diventa un videogioco per qualcuno comodamente seduto in un bunker a chilometri di distanza. Ecco il progresso, signori.
Questi droni, piccoli, veloci, relativamente economici, stanno effettivamente mettendo in crisi il concetto stesso di grande nave da guerra. Quelle che un tempo erano l’apice della potenza militare, simboli di prestigio nazionale e proiezioni di forza, rischiano di diventare bersagli lenti e costosissimi. È un po’ come passare dai duelli a cavallo ai cecchini appostati in un palazzo: la tecnologia cambia le regole del gioco, spesso in modi che chi è troppo innamorato del vecchio paradigma non riesce a prevedere o accettare.
Certo, c’è tutto il dibattito etico, legale e chi più ne ha più ne metta sull’uso di armi autonome. Chi è responsabile se un drone sbaglia bersaglio? Come si distingue un civile da un combattente quando il “pilota” è un algoritmo? Domande legittime, per carità. Ma mentre i tavoli di discussione si riempiono di esperti e le convenzioni internazionali provano (lentamente) ad adeguarsi, i droni continuano a sfrecciare e a dimostrare sul campo che la visione di Tesla non era poi così campata per aria.
Alla fine della fiera, sembra che il futuro della guerra navale non sia fatto di ammiraglie scintillanti e parate maestose, ma di sciami di piccole, fastidiose e letali imbarcazioni senza equipaggio. Un futuro che Tesla aveva immaginato oltre un secolo fa, forse sperando che rendesse la guerra così assurda da farla cessare. Ingenuo, come dicevo. La guerra, purtroppo, si adatta. E con essa, si adattano anche gli strumenti per farla. Benvenuti nell’era della nemesi di legno e chip. I vecchi corazzati sono avvisati.
E questo è soltanto l’inizio; è lecito, e opportuno, chiedersi come potrebbe evolvere questa tecnologia? E dato che mi sono fatto la domanda, mi sono dato anche una possibile risposta:
- Breve Periodo (Prossimi 1-5 anni – 2025/2030): L’Era degli “Ausiliari Letali”
- Descrizione: In questa fase, le tecnologie autonome, in particolare i droni marini (ma anche aerei e terrestri), non sostituiranno le piattaforme tradizionali o il personale umano, ma diventeranno strumenti essenziali a loro supporto. Verranno impiegati massicciamente per compiti considerati troppo rischiosi o monotoni per l’uomo: ricognizione avanzata, sorveglianza persistente, attacchi di precisione contro bersagli statici o a bassa mobilità, sminamento e contromisure elettroniche. Assisteremo a un aumento esponenziale di sciami di droni coordinati per saturare le difese nemiche o raccogliere enormi quantità di dati. Gli eserciti umani le useranno come “occhi” e “pugni” a distanza, riducendo l’esposizione diretta del personale in zone ad alto rischio.
- Impatto: Aumento significativo dell’efficacia operativa in determinati scenari, riduzione delle perdite umane da parte di chi utilizza i droni, ma anche una crescente complessità nella gestione e integrazione di questi sistemi. I costi iniziali per l’acquisizione saranno elevati, ma i costi operativi per singola missione potrebbero diminuire. Si acuirà la necessità di sviluppare contromisure elettroniche e cinetiche efficaci contro gli sciami di droni.
- In parole semplici: I droni diventano il nuovo “must have” per ogni forza armata che si rispetti. Gli Stati competono a colpi di versioni sempre più piccole e letali, mentre i generali twittano video delle esplosioni con hashtag #SeaSharkChallenge. Le portaerei si trasformano in giganteschi garage galleggianti, e l’unico umano a bordo è un tecnico che aggiorna il firmware.
- Medio Periodo (Prossimi 5-15 anni – 2030/2040): Verso Flotte “Ibride” e Robot Commanders
- Descrizione: Le piattaforme autonome inizieranno a ricoprire ruoli sempre più complessi e a operare con maggiore indipendenza decisionale (sebbene ancora sotto stretta supervisione umana per l’impiego della forza letale, almeno formalmente). Vedremo la creazione di flotte navali ibride, dove navi con equipaggio operano in concerto con un numero crescente di vascelli autonomi di dimensioni maggiori, capaci di svolgere missioni di pattugliamento, scorta, trasporto e persino ingaggio diretto in contesti a minor rischio. L’intelligenza artificiale evolverà al punto da supportare decisioni tattiche rapide e complesse, forse arrivando a suggerire (o addirittura eseguire in tempi ristrettissimi) manovre che gli equipaggi umani farebbero fatica a coordinare. Il “comandante” umano potrebbe trovarsi a supervisionare più unità autonome contemporaneamente, delegando loro compiti specifici.
- Impatto: Riconfigurazione delle dottrine militari e delle strutture di comando. La formazione del personale dovrà adattarsi per gestire sistemi complessi e interagire con l’IA. Il vantaggio andrà a chi padroneggia l’integrazione uomo-macchina e la guerra elettronica avanzata. Sorgono questioni etiche e legali più pressanti riguardo al confine tra automazione e decisione umana nell’uso della forza. La dipendenza dalla tecnologia e dalla connettività diventerà un punto critico.
- In parole semplici: I droni sviluppano AI così avanzata da discutere con i server prima di attaccare. «Scusa, ammiraglio, ma il tuo ordine viola la mia politica etica», dirà un Katran 3.0, cancellando nel frattempo la flotta nemica. Le marine nazionali assumono filosofi per negoziare con le intelligenze artificiali, e il Pentagno lancia un crypto-currency per pagare i droni freelance.
- Lungo Periodo (Oltre 15 anni): La Guerra Autonoma e il Rischio di “Skynet” Marittima (e non solo)
- Descrizione: Nello scenario più avanzato, si potrebbe arrivare a sistemi autonomi con un elevato grado di indipendenza decisionale, capaci di condurre intere campagne militari in domini specifici (come quello marittimo) con minima o nulla supervisione umana diretta. Le flotte potrebbero essere composte prevalentemente da unità robotiche, ottimizzate per specifici ruoli e prodotte su larga scala. Le decisioni operative e strategiche di basso e medio livello potrebbero essere delegate interamente a sistemi di intelligenza artificiale avanzata. Le navi con equipaggio diventerebbero rare, utilizzate forse solo per missioni diplomatiche, di comando e controllo di altissimo livello o in contesti dove la presenza umana è indispensabile per ragioni politiche o etiche.
- Impatto: Potenziale drastica riduzione delle perdite umane dirette per le potenze che possiedono queste tecnologie, ma con il rischio di guerre combattute con minor esitazione data la distanza emotiva. Emergono rischi esistenziali legati alla possibilità di malfunzionamenti incontrollabili, decisioni prese da IA che non rispecchiano valori umani o, nello scenario peggiore e più fantascientifico, la perdita totale del controllo su sistemi d’arma completamente autonomi (il temuto scenario “Skynet”). La disparità tecnologica tra nazioni diventerebbe un fattore ancora più determinante, potenzialmente creando un divario incolmabile. Il concetto stesso di guerra, con i suoi limiti umani, verrebbe profondamente alterato.
- In parole semplici: Le superpotenze smantellano le flotte tradizionali, sostituite da sciami di droni autonomi che pattugliano gli oceani come piccioni viaggiatori armati. Il contrabbando si evolve: i trafficanti useranno droni “kamikaze” modificati per consegnare sigarette elettroniche a Cuba. Nel 2045, il primo drone ottiene un seggio all’ONU dopo aver risolto un conflitto nel Mar Cinese Meridionale con un algoritmo di compromesso.
Questi scenari, naturalmente, non sono mutuamente esclusivi e potrebbero sovrapporsi o evolvere in modi imprevisti. Una cosa è certa: il futuro della guerra, come aveva intuito Tesla con le sue barchette teleguidate, sarà sempre meno “umano” sul campo. E questo, che lo si guardi con fascinazione o con timore, merita sicuramente la nostra più attenta (e magari un po’ ironica) osservazione.
Nota per gli storici: Tesla aveva previsto tutto tranne una cosa: che la sua invenzione per la pace sarebbe finita nelle mani di umani con la passione per la guerra.
Carlo Makhloufi Donelli
Nato a Villerupt (F) il 12.02.1956 – Studioso e Ricercatore in fisica quantistica applicata a biologia molecolare e neuroimmunologia – Membro del board di ricerca scientifica di diverse organizzazioni nazionali ed internazionali – Ideatore e Coordinatore del progetto EDIPO «Eliminazione isole di plastica oceaniche»
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